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Migrazione sanitaria: un milione di italiani lascia il Sud per curarsi al Nord. Quali sono gli scenari nell’era della salute digitale?
La malattia è una goccia che cade nell’acqua. Colpisce il paziente e poi si allarga. Alla famiglia, agli amici, alla comunità. È un passaggio in cui ci si sente fragili, e diventa ancora più delicato quando – per esercitare il diritto alla cura – i pazienti devono lasciare la loro casa, la loro città, la loro regione.
Eppure è quello che è successo, negli ultimi tre anni, a un milione di cittadini, e quindi un milione di famiglie, che dal Sud Italia e dalle Isole si sono mossi verso il Centro e soprattutto verso il Nord Italia.
Questo dato è emerso dal sondaggio “Studio sui migranti sanitari”, condotto da EMG Different per CasAmica Odv, un’organizzazione di volontariato attiva dal 1986 che accoglie malati e familiari nelle sue strutture in Lazio e Lombardia. Lo studio è stato svolto su un campione rappresentativo di cittadini di età compresa tra i 35 e i 65 anni residenti in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna, e restituisce uno spaccato di realtà sempre più preoccupante.
«Quasi il 70% dei migranti della salute intervistati ha scelto il Lazio e la Lombardia come regioni per curarsi», ha raccontato Stefano Gastaldi, direttore generale CasAmica. «Le cause di questa “migrazione” sono da ricercare nei motivi legati all’opportunità di ottenere una migliore offerta sanitaria (51%) e medici più preparati (39%), o addirittura nella concreta impossibilità di ricevere cure adeguate alla propria patologia nella regione di provenienza (32%)».
Occorre un cambio di paradigma concreto, che partendo dall’implementazione della digitalizzazione – in primis della telemedicina –, integrata con servizi di assistenza sanitaria territoriale, permetta di ottimizzare l’equità e l’accesso ai migliori percorsi di diagnosi e cura.
«Sfruttare il pieno potenziale degli strumenti digitali in sanità può essere una leva fondamentale per promuovere i principi che sono alla base del nostro Sistema Sanitario Nazionale – universalità, uguaglianza ed equità – contribuendo a superare molte delle sfide sanitarie del nostro tempo. A patto che ci sia, però, un contesto pronto a recepirne i cambiamenti, e in questo si inserisce anche l’incontro di oggi» ha spiegato Antonio Modola, Segretario Generale di Fondazione Roche.