Pensieri condivisi
La percezione della disabilità e dell’inclusione a livello sociale negli anni è cambiata
INTRO
Care amiche e cari amici,
come forse ricordate, tra gli obiettivi che la Fondazione Roche si prefigge è di grande rilievo la tutela dei diritti delle persone, che può essere rinforzata attraverso un dibattito pubblico e istituzionale che affronti in modo maturo e consapevole gli elementi di criticità che possono limitare la pienezza di vita di ognuno.
In questo senso, è sicuramente centrale il riconoscimento della diversità individuale, come valorizzazione dell’unicità della persona e del suo contributo alle relazioni e alla collettività.
Su questo tema abbiamo quindi chiesto un approfondimento alla Dott.ssa Anita Pallara, Presidente dell’Associazione FamiglieSMA, che ringraziamo sinceramente per il suo intervento.

BIO
Nata a Bari il 16 maggio 1989, diplomata al liceo scientifico, laureata in Psicologia, affetta da SMA 2. Ha conseguito un master in Digital Marketing. Dal 2016 si occupa della comunicazione e delle campagne di raccolta per l’associazione. Da settembre 2020 è presidente di FamiglieSMA.
ARTICOLO
La percezione della disabilità e dell’inclusione a livello sociale negli anni è cambiata (in meglio). Ma la strada da percorrere per rendere la nostra società più inclusiva è ancora lunga.
Raggiungere l’inclusione sociale è responsabilità di tutti, ed è possibile solo interpretando le differenze come un valore aggiunto alla vita. Allo stesso modo deve essere messo da parte quel tipo di narrazione che porta ad approcciarsi a una persona con disabilità in modo sensazionalistico. Indicare le persone con disabilità come guerrieri, eroi, modelli da prendere come esempio nella maggior parte dei casi non solo infastidisce ma esaspera anche la condizione, creando un’ulteriore categorizzazione.
Dietro a una disabilità, ma anche a un diverso orientamento sessuale o qualche chilo di troppo, c’è un essere umano unico. La diversità, o meglio l’unicità di ognuno, va compresa e rispettata.
In una società dove spesso sia i media sia le persone in generale faticano a lasciarsi alle spalle un linguaggio un po’ paternalistico e i doppi standard tra persone con disabilità e persone senza, la rappresentazione della diversità deve essere reale e permettere alle persone con disabilità di vedersi rappresentate e potersi riconoscere, anche nei contesti mainstream. Questo permette di scardinare stereotipi, molte volte figli della non conoscenza della realtà che vive una persona con disabilità.
Spesso ci si chiede quale possa essere l’atteggiamento più corretto per trattare le persone con disabilità, la risposta che io mi sento di dare è: come tutte le altre. Riconoscendone le differenze individuali e le difficoltà (quindi non negandole) e rispettandole.
Nella mia esperienza di vita con una disabilità fisica importante e visibile, ho visto e vissuto tante volte situazioni nelle quali la mia disabilità è stata un “mezzo” per creare legami molto forti, questo accade perché quando al centro si mettono le persone si riesce realmente a superare le barriere. Su questo però le persone con disabilità hanno un ruolo fondamentale: bisogna permettere agli altri di conoscere, avvicinarsi, bisogna parlare della propria disabilità, raccontare la propria quotidianità e far capire che le cose in comune sono molto più di quello che si possa pensare.
Oggi l’unicità può e dev’essere un acceleratore, un valore reale, concreto e riconosciuto, in tutti i settori, a partire da quello scolastico dove si costruisce il futuro. Non solo: un ruolo fondamentale nel processo di inclusione però arriva anche dal mondo del lavoro; ancora troppe poche persone con disabilità riescono a trovare una posizione lavorativa, soprattutto in ruoli di leadership.
Il mio augurio è che la parola inclusione non resti una bella parola da usare per fare “diversity washing”, ma che sia nell’agenda “politica” di tutti noi.
Anita Pallara
Presidente FamiglieSMA