Freccia verso destra Indietro

Storie

Il Giardino di Asare

Il Giardino di Asare

Asare era un ragazzo ghanese di 36 anni che ha attraversato il deserto, la Libia e ha conosciuto gli orrori di un viaggio faticoso da raccontare. Faticoso perché, quando sei sopravvissuto, quando tu ce l’hai fatta a metterti in salvo e gli altri no, diventa quasi un dovere sentirsi fortunato e sostituire la violenza e i ricordi delle torture con un sorriso, con la gratitudine che diventa impegno, responsabilità.

Asare era arrivato a Castel Volturno, comune italiano in provincia di Caserta. E da lì si è spostato poco lontano, a Sessa Aurunca, per lavorare in un bene confiscato alla camorra gestito dalla nostra cooperativa sociale “Al di là dei sogni”, che si occupa, utilizzando lo strumento dell’agricoltura sociale, di sviluppare percorsi di inclusione, integrazione e inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.

Noi l’abbiamo conosciuto qui, mentre lavorava per costruirsi una nuova vita. Ci ha raccontato del suo sogno: imparare un lavoro e poi tornare in Ghana, comprare un piccolo pezzo di terra dove far nascere il suo giardino da coltivare. Grazie al progetto Terra Amata, sostenuto da Fondazione Roche, è stato possibile attivare per Asare una borsa lavoro che gli ha permesso di crescere e imparare cose nuove.

Poi, all’improvviso, un malore mentre si allenava con la sua squadra di calcio – altra testimonianza della sua reale integrazione nel territorio, della sua capacità di sentirsi parte della comunità – lo ha strappato al suo sogno.

Il ricordo di Asare è un ricordo vivo che abbiamo deciso di trasformare in fatti. E, sempre grazie al sostegno di Fondazione Roche, è nato il progetto “L’uomo, la casa, l’albero” perché il giardino di Asare, un po’ come è stato il suo percorso, prenda vita intorno a tre matrici di sviluppo: l’“uomo”, di cui dobbiamo sempre prenderci cura; la “casa”, non solo come soluzione abitativa da offrire ai soggetti fragili, ma come comunità che stimola il senso di appartenenza a un territorio; e l’“albero”, come simbolo e alleato di una direzione necessaria da percorrere, perché ci indica la strada per salvaguardare il nostro pianeta e la tutela della biodiversità ormai in via di estinzione.

Grazie al progetto sono state attivate nuove borse lavoro per sostenere e incrementare i progetti di formazione e autonomia, promuovendo processi virtuosi di economia sociale e “ecologia integrata”, riflesso di un nuovo paradigma di giustizia che mette insieme uomo e natura e dove la pratica dell’agricoltura “biologica” si intreccia con quella “sociale” per inverare il principio che “ci si prende cura della terra per prenderci cura delle persone e dei territori”, proprio a partire da un bene confiscato che, da luogo di morte e sopraffazione, diventa luogo di promozione di salute e benessere.

Asare ne sarebbe felice: il suo giardino adesso è il giardino della comunità.